Rigopiano un anno dopo: se l'anniversario serve per far crescere l'Abruzzo...


Quella tragedia deve essere un investimento sociale, per far sì che nessuno possa commettere più errori simili


di Leone Protomastro
Categoria: ABRUZZO
15/01/2018 alle ore 11:06

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Spegnere le candeline di un (tragico) evento non è solo ammassare chili di retorica e lacrime da coccodrillo, ma fermarsi un momento. Sì, fermarsi e fare come la tartaruga: un passo ogni ora. Serve, davvero, come l'aria nell'epoca dell'assoluto presentismo dove tutto dura il tempo di un clic.

Serve prendere un bel respiro e guardarsi allo specchio: denudarsi di tutti i pregiudizi, dei preconcetti, delle proprie convizioni, del proprio ego (soprattutto). E fare mea culpa.

Serve mettere in folle e capire cosa è successo a Rigopiano, ma tralasciando per un nanosecondo le vicende giudiziarie: se ne occuperà la magistratura come è naturale che sia.

Qui invece dobbiamo fare analisi, chiedere i perché alla politica, stimolare le intellighenzie a non nascondersi al calduccio di un camino e prendere una posizione netta (sì, anche a due mesi dalle urne), immaginare di poter fare pil ma senza imbrogliare su autorizzazioni e scartoffie, capire la protogenesi del caos di quei momenti, scartavetrare la sciatteria di chi pensa che la cosa pubblica vada amministrata alla sanfason.

In quei giorni, per dirne una, c'era tutto per restare all'erta: c'era mezza regione che affondava nella neve, c'era un freddo incredibile, c'era la luce che se ne andava, c'erano le telefonate tra dirigenti, c'erano allarmi e allarmismi.

Ma soprattutto c'era (purtroppo) nell'aria un senso di rassegnazione: di italica apatìa, tipica di chi si trascina stancamente verso la meta anziché procedere spedito verso i propri doveri.

 

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