Se chi l'ha ideato dice che fa schifo e fa male, allora bisognerà davvero stare attenti a FB


Allerta lanciata dal cingalese quarantenne pioniere del social, divenuto anche vicepresidente


di l'innocente
Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
15/12/2017 alle ore 14:07



Si può dire: attenzione a Facebook? Forse no, non si può dire. Ma noi lo diciamo lo stesso. Lo confessiamo: siamo sempre stati un po' prevenuti su questo e sui social in genere. Ma, adesso, dopo aver letto e ascoltato attentamente Chamath Palihapitiya, un ingegnere americano originario dello Sri Lanka dal nome per noi impronunciabile, ne siamo sempre più convinti. Convinti e consapevoli del perverso meccanismo alla base dei social che affollano la nostra esistenza.

Attenzione a Facebook, ha gridato piuttosto inascoltato questo cingalese quarantenne che della creatura guidata da Mark Zuckerberg è stato uno dei pionieri, sino a diventarne vicepresidente. Uno di quelli che hanno ideato gli algoritmi che inseguono, solleticano, invogliano ogni socialdipendente che si rispetti.

Attenzione, ha spiegato Palihapitiya, perché questo giochetto, che giochetto non è, finisce per condizionarvi la vita. Perché mistifica e disconosce la realtà. Perché non fa crescere la collaborazione tra gli umani né le discussioni su idee, proposte, progetti, ma solo la più cinica disinformazione. Ecco il punto: Fb non ci aiuta, ci rende solo più stupidi, più volgari, più cattivi.

Palihapitiya ha spiegato chiaramente ciò che lui e gli altri hanno fatto, rendendo Fb quel che è oggi. Hanno "creato un sistema di gratificazione a breve termine di like e di feedback, guidato dalla dopamina". Ovvero, un sistema che sta distruggendo il modo in cui la nostra società funziona.

Già, ma a vantaggio di chi? Di tutti i grandi player di Internet e, ovviamente, tutti i grandi centri di intelligence. Chissà, forse è per la qualità della denuncia che il messaggio dell'ingegnere che proprio ai suoi figli ha negato il permesso di (testuale) "usare quella merda" è passato sotto traccia. Nascosto e snobbato. Nonostante la sua accusa meritasse altroché un approfondimento. Invece niente. Silenzio. Poche righe seminascoste sui quotidiani e pochi secondi di servizio in Tv.

Esattamente il contrario dell'enfasi con la quale è stata salutata la "decisione" di Facebook di pagare le tasse anche da noi. Incredibile, ma vero. Mentre noi tutti paghiamo le tasse dove e quando dobbiamo e se capita che non paghiamo al centesimo la cartella esattoriale dell'Agenzia delle Entrate è cosa certa; mentre imprenditori, commercianti, autonomi s'affannano, imprecano e, persino, in alcune disgraziate occasioni decidono per gesti estremi, Facebook (e tutti gli altri giganti del Web) pagano da anni dove eludono e pure quando vogliono.

 Dopodiché, avendola fatta così grossa per così tanto tempo, avendo guadagnato miliardi senza imposte, ci concedono di cambiare registro. Ma per il futuro. Che non si parli del passato. Perché loro sono padroni anche di decidere se, dove e come pagare. Mica quei fessi che insipidiscono coi loro algoritmi. Perciò, attenzione. Attenzione a Facebook.

 

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