Brexit, la May a sorpesa mette tutti d'accordo e anche gli euroscettici si accodano




Categoria: ESTERI
30/11/2017 alle ore 10:30

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Dopo mesi di feroci polemiche interne al suo gabinetto, Theresa May è riuscita a forgiare sulla Brexit un raro consenso nel suo spesso diviso Partito conservatore: lo scrive il quotidiano "The Financial Times", all'indomani dell'accordo sul costo del divorzio, raggiunto in vista del cruciale vertice dei capi di Stato e di governo dell'Unione Europea del 15-16 dicembre prossimo a Bruxelles; e come se non bastasse, nota il quotidiano finanziario, la premier britannica ha ridotto al silenzio i più vociferanti euroscettici. Persino quegli esponenti Tory che rifiutavano finanche l'idea di dover versare alcunché per l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue, ora sembrano convinti che un conto da pagare di 40-50 miliardi di sterline sia un ottimo affare per ottenere in cambio un vantaggioso trattato commerciale. La May si prepara anche a fare all'Ue concessioni sugli altri due nodi che finora hanno impedito un sostanziale progresso nelle trattative sui futuri rapporti post-Brexit: il problematico status della frontiera tra la Repubblica d'Irlanda (paese membro Ue, ndr) e l'Ulster (l'Irlanda del Nord, che fa parte del Regno Unito; ndr) e la competenza della Corte europea di giustizia a difesa dei diritti dei cittadini Ue che vivono e lavorano in Gran Bretagna, un punto quest'ultimo che il "Financial Times" definisce come "la bestia nera degli euroscettici". Ebbene anche su questi temi gli oppositori interni della premier sono rimasti silenziosi: un fatto che ha sorpreso la diplomazia di Bruxelles, dove era diffusa la convinzione che la fragile maggioranza di governo britannica avrebbe invece impedito alla May di fare i necessari compromessi per ottenere un accordo con l'Unione Europea. A tacitare gli oppositori, secondo il giornale della City di Londra, sono state due importanti considerazioni: innanzitutto il fatto che l'economia della Gran Bretagna sarebbe gravemente danneggiata da quella che era stata definita "Brexit dura", un divorzio disordinato e privo di accordi commerciali; e di conseguenza il timore che ad avvantaggiarsene sarebbe stato solo il Partito laborista di Jeremy Corbyn, una cui eventuale vittoria alle prossime elezioni è vista dal mondo degli affari come la peggior prospettiva possibile.

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