Chi ascolta le (mille e più) istanze del popolo delle partite-iva?


Il punto sul trend nazionale e su quello (sempre negativo) abruzzese: voci, analisi, scenari


di Patrizia Pennella
Categoria: ABRUZZO
24/11/2017 alle ore 15:09

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L'etichetta più nota è quella di "partite Iva". La più esaustiva, forse, tra le tante che definiscono il mondo magmatico del lavoro autonomo. Quello che nella decrescita cresce e quello che è, forse, il più difficile da indagare.

Anche nei numeri, visto che per capire di cosa si parla va anche capito di chi si parla. I numeri sono, in questo senso, ballerini, perché prendono in considerazione a volte solo fette di questo universo fatto di persone che, per scelta o per necessità, non si sono inserite nel mondo del lavoro dipendente o che sono state espulse dal mercato e hanno dovuto riconvertire la propria professionalità.

I dati di una recente ricerca di Confcommercio, riferiti al 2015, ci dicono che in Italia i liberi professionisti sono più di 1.300.000, pari a circa il 6% degli occupati complessivi. Quelli elaborati dal "Giornale delle partite Iva", sulla base di elementi forniti da Mef, Istat e Censis (relativi al più recente 2016) si articolano diversamente e ci raccontano di una realtà economica formata da circa 3,9 milioni di partite Iva persone fisiche (lavoro libero professionale e autonomo in senso stretto).

Di queste: circa 2,2 milioni sono le partite Iva delle professioni non organizzate in ordini e collegi; circa 1,1 milioni le partite Iva delle professioni organizzate in ordini e collegi; circa 600mila le false partite Iva. Un dato comunque da non sottovalutare. Già queste differenze ci dicono quanto sia difficile entrare in un mondo per definizione mutevole. Che resta però forse l'unico vero termometro per misurare il mercato del lavoro.

 

LA FOTOGRAFIA DEL TERRITORIO

Per quanto riguarda l'Abruzzo, un riferimento essenziale può essere tratto dai dati che, mensilmente, vengono diffusi dal Mef. E che raccontano la storia di una regione che, anche in questo settore naviga in un mare agitato.

In realtà, dopo le performance del 2014, anche in Abruzzo le partite Iva hanno accusato una severa flessione, più incisIva nel 2015, meno nel 2016: dalle 14.354 posizioni aperte nel 2014 (3.093 L'Aquila, 4.022 Chieti, 3.872 Pescara, 3.367 Teramo) si passa alle 12.400 del 2015, con una diminuzione del 13,62% più marcata in provincia dell'Aquila (2.491 -19,31%), seguita da Teramo (2.853 -15,27%), poi Chieti ( 3.490 -13,10%) e infine Pescara (3.566 -8,23%). Il 2016, con 12.002 aperture, segna un sostanziale pareggio sull'Aquila (2.493, due posizioni in più che valgono l'unico segno positivo +0,12%).

Teramo accusa la perdita minore (2.846 -1,21%), poi c'è Chieti con le sue 3.350 nuove aperture (-4,48%) e peggio di tutte Pescara (3.313 -8,35). Anche per il 2017 i dati mostrano fatica nella ripresa.

Per quanto riguarda i settori di attività, a fare la parte del leone sono ancora commercianti e autoriparatori che, con 2.686 posizioni, si ritagliano un 22,39% del totale, seguiti dalle 1.842 posizioni (15,35) del settore agricoltura e pesca, che comprende altre attività tradizionali del territorio. Poi le attività professionali, scientifiche e tecniche, con 1.385 nuove aperture, ovvero l'11,54% del totale. In 1.053, invece, hanno deciso di avviare iniziative di alberghi e ristorazione (8,77%). Seguono costruzioni e manifatturiero.

A tentare il percorso dell'iniziativa imprenditoriale autonoma sono per lo più gli uomini, 5.243 (43,73% del totale), poi le 3.672 "persone non fisiche" (30,59%) e infine le 3.082 donne (25,66%). L'età ci dice che le partite Iva abruzzesi sono giovani, ma non troppo: 3.460 (il 28,83%) hanno fino a 35 anni; ma il 24,47% di chi sceglie di aprire una nuova posizione autonoma ha tra 35 e 50 anni e 1.491 (il 12,42%) è tra i 51 e i 65 anni. Un dato, quest'ultimo, che è indice di una scelta "di ritorno", magari in uscita da un lavoro dipendente, a cui si aggiungono i 442 (3,68%) che una partita Iva l'hanno aperta dopo i 65 anni.

 

LA VERSIONE DI TIENGO

Tutto quello che si muove, con e intorno al sistema delle partite Iva, è impronta non solo per il presente, ma soprattutto per il futuro: è il marchio del lavoro flessibile, il percorso che si allontana sempre più dallo schema del posto fisso ormai strutturalmente superato. Ne è convinto Dario Tiengo, direttore del "Giornale delle partite Iva", che inquadra i dati abruzzesi nello schema nazionale a cui, in linea di massima, si uniformano.

Del quadro di riferimento ha una definizione molto aperta: "Liberi professionisti - dice - sono tutti coloro per cui la partita Iva è, sostanzialmente, uno strumento di lavoro corretto. Anche quelli per cui è una necessità, uno strumento utile per trovare una collocazione". L'unica differenziazione possibile, dunque, è per quelle professioni che afferiscono a un ordine e quelle invece "riconosciute" dalla legge nel 2013.

"In realtà - prosegue Tiengo - un po' di confusione c'è, perché nessuno si è mai occupato in modo sereno delle partite Iva. Per molti politici non è un target, anzi nel mondo politico molti ritengono che per la maggior parte le partite Iva siano false. Il sindacato a sua volta non ha una politica a riguardo e, facendo un errore clamoroso, ha a lungo ignorato il lavoro nuovo, quello di chi non trovando occupazione sceglie di provare a fare da solo".

Per cui uno dei grandi problemi di questo mondo, in continuo cambiamento, è anche quello della rappresentanza: "E' il risultato di una cultura vecchia, di una concezione di relazioni industriali che affonda nel Novecento. Il lavoro fisso non c'è e non tornerà più perché i meccanismi sono cambiati".

Eppure, nel 2016, le partite Iva sembrano perdere quota: "Stiamo attraversando un momento di ribilanciamento, in Abruzzo come in tutta Italia. Molte delle cosiddette 'partite Iva di necessità' hanno trovato una loro collocazione attraverso il jobs act, che però ora sembra avere esaurito la sua spinta. Gli incentivi non risolvono. Ora stanno tornando di moda i contratti a termine".

E i dati vanno letti con realismo: è uno studio della Cgia di Mestre a ricordarci che le famiglie che vivono grazie a un reddito da lavoro autonomo sono quelle più esposte al rischio povertà. Nel 2015 il 25,8% di queste famiglie ha vissuto situazioni di estrema difficoltà, trovandosi a vivere al di sotto della soglia di povertà.

"C'è un progressivo impoverimento in questo segmento, con fior di professionisti che non lavorano più - osserva Tiengo -. Una sintesi serena ci deve far dire che i lavoratori autonomi sono quelli che hanno meno difese di tutti, quelli che subiscono maggiormente i colpi della crisi".

E' in questo contesto che nasce la proposta di un equo compenso per i professionisti: abortito di fatto quello per i giornalisti, l'idea è stata rilanciata dagli avvocati ed estesa a tutto a tutto il mondo degli autonomi. "Si tratta - afferma Tiengo - di garantire un minimo livello di civiltà, perché non è vero che il mercato si autoregolamenta".

Questo, però, proprio mentre il consiglio di Stato legittima gli enti a chiedere consulenze gratuite: "E' una follia - sottolinea Tiengo - le gare fatte al prezzo più basso tagliano qualità e prestazioni. Uno Stato sano non può fare discorsi di questo genere, non è rispettoso del lavoro delle persone. Anche perché di questo il mercato approfitta, si regolamenta quando vengono messi dei paletti".

 

SOTTO LA LENTE DEL FISCO

Poi ci sono i controlli fiscali, percentualmente molto più alti su professionisti e piccole e medie imprese. Il problema, secondo Tiengo, non è tanto su questo fronte, ma piuttosto sulla mancanza di controlli seri sugli altri: "L'evasione - afferma Tiengo - è concentrata prevalentemente sui grandi gruppi, sui grandi movimenti di capitale. Tra tasse e adempimenti vari il carico sulle spalle dei liberi professionisti è assolutamente insopportabile. Al di là del giudizio su questo e altri governi, è la mentalità che deve essere scardinata".

Capitolo partite Iva false: fenomeno stimato intorno al 20% del mercato. Tiengo le chiama partite Iva di necessità: "Coprono un'assunzione, coprono una necessità di rapporto che c'è. E per questo accettano condizioni al ribasso. Altrimenti non avrebbero nulla". Un vortice di cui non si viene a capo, semplificando all'osso la situazione. La responsabilità è complessa ed è nelle rigidità del sistema.

Alle radici c'è, secondo Tiengo, "il ritardo nel capire che le regole erano cambiate, che la globalizzazione ci poneva di fronte a un mondo più largo di quello a cui eravamo abituati. Nè eravamo preparati alla spaventosa accelerazione tecnologica arrivata negli ultimi anni. E' cambiato il lavoro, è cambiato il mercato, sono cambiate le richieste di consumo. Oggi è richiesta una formazione continua per capire dove si va. E dove si sta nel mondo. E allora il giudizio non è su chi ha colpe, ma su cosa non è stato fatto".

All'economia italiana manca l'agilità, ma questa non è una cosa nuova. "Il sistema - conclude Tiengo - è sostanzialmente mummificato e dietro tutto questo c'è una grande responsabilità di partiti e sindacati. E' un discorso faticoso da affrontare, per cercare risposte: ci hanno tolto le certezze, non sappiamo chi siamo, non ci sentiamo protetti. Sono tutti elementi di destabilizzazione che hanno al centro una ricerca di identità".

 

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