Rigopiano, altri 23 indagati: ecco la svolta del procuratore Serpi


Tra loro il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il sindaco di Farindola e dirigenti regionali


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
23/11/2017 alle ore 20:19

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L’albergo non doveva stare lì e non doveva rimanere aperto d’inverno: sono arrivati altri 23 avvisi di garanzia per la tragedia dell’Hotel Rigopiano in cui a gennaio scorso sono morte 29 persone sotto una valanga. Tra gli indagati il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il sindaco di Farindola e illustri dirigenti regionali.

E’ la svolta che ha impresso all’inchiesta avviata dal pm Cristina Tedeschini ora trasferita a Pesaro, il nuovo procuratore della repubblica di Pescara Massimiliano Serpi insieme al sostituto Andrea Papalia. I reati ipotizzati vanno dall’omicidio colposo plurimo al disastro colposo a lesioni colpose plurime e all’omessa collocazione di cautele atte a prevenire gli infortuni sul lavoro.

Ad altri come sindaco ed ex sindaco di Farindola anche il falso e l’abuso. Non è tra gli indagati l’ex generale dei Carabinieri Forestali Guido Conti, morto suicida venerdì scorso. 

Quell’albergo non doveva essere costruito e comunque non avrebbe potuto restare aperto d’inverno. E non solo: nonostante le allerta meteo, nessuno si è attivato per mettere in sicurezza gli ospiti dell’Hotel.
Tanti i dirigenti regionali finiti sotto inchiesta: da Carlo Giovani a Vittorio Di Biase, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera, Sabatino Belmaggio perché, scrive la procura, “nonostante incombesse su ciascuno dei suddetti funzionari di attivarsi affinché venisse dato corso quanto prima alla delibera per la realizzazione della carta di localizzazione dei pericoli di valanga riguardante tutto il territorio regionale, non si attivavano in alcun modo”, neppure stanziando i fondi nel bilancio regionale.

La Carta, scrive la procura, avrebbe individuato in Rigopiano “un sito esposto a tale pericolo”. I dirigenti sono quindi tutti accusati di condotte colpose per negligenza, imperizia e imprudenza e violazione di norme di legge.

Per quanto riguarda il Comune di Farindola, il sindaco e i suoi predecessori hanno omesso di adottare un nuovo piano regolatore che avrebbe individuato “nella località di Rigopiano un sito esposto a forte pericolo di valanghe” e così hanno rilasciato i permessi di costruire all’Hotel Rigopiano che non sarebbe stato possibile costruire.

Ma anche una volta costruito, il nuovo prg avrebbe consentito di emettere le prescrizioni idonee “a salvaguardare la pubblica e privata incolumità dal rischio valanga e l’immediata sospensione di ogni utilizzo, in stagione invernale, del suddetto albergo”. Di questo sono accusati gli ex sindaci Massimiliano Giancaterino, Antonio De Vico, il sindaco Ilario Lacchetta, Enrico Colangeli, Luciano Sbaraglia, questi ultimi rispettivamente tecnico e geologo.

Anche la Provincia di Pescara ha le sue responsabilità: tutti erano consapevoli che a gennaio scorso c’era una forte emergenza neve, tutti avevano letto le allerta meteo e persino il sindaco di Farindola aveva emanato un’ordinanza di chiusura delle scuole.

Nonostante questo “nessuno degli amministratori e funzionari della Provincia adottava le condotte dovute” neppure per operare la doverosa ricognizione dei mezzi spazza-neve. Indagati quindi il presidente Di Marco, i dipendenti Paolo D’Incecco, Mauro Di Blasio, Tino Chiappino, il comandante della polizia provinciale Giulio Honorati.Anche loro hanno quindi avuto condotte colpose connotate da “negligenza, imperizia imprudenza” che hanno causato la morte di 29 persone e lesioni personali gravissime ad altre nove. 

Infine, la prefettura. Indagati l’ex prefetto Provolo, la dirigente Ida De Cesaris e il capo di gabinetto Leonardo Bianco perché si attivarono in netto ritardo. Soltanto alle 10 di quel maledetto 18 gennaio Provolo invitava gli operatori della prefettura a scendere nella sala della protezione civile tanto che il centro di soccorsi si attivò soltanto a mezzogiorno. Nonostante ci fossero piani e leggi che avrebbero imposto una diversa condotta.

“Attivandosi il prefetto ormai troppo tarsi – scrive la procura – solo alle 18.28 del 18 gennaio scorso nel chiedere l’intervento di personale e attrezzature dell’esercito italiano per lo sgombero della neve, rese impossibile a tutti gli ospiti dell’albergo e al personale di allontanarsi, tanto più in quanto allarmati dalle scosse di terremoto”.

Anche loro si porteranno sulla coscienza quelle 29 vite.

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