Sondaggio della Fondazione Einaudi: Ministro della Giustizia, chi tra Di Matteo, Migliucci e Nordio?


Rispondono i politici abruzzesi, spicca il no al magistrato antimafia "attratto" del M5S



Chi vorresti come Ministro della Giustizia? È il sondaggio on line lanciato in questi giorni dalla Fondazione Luigi Einaudi, il centro di ricerca che promuove la conoscenza e la diffusione del pensiero politico Liberale.

ImpaginatoQuotidiano ha raccolto la sfida e ha chiesto anche ad alcuni politici abruzzesi di indicarci la loro scelta. E sebbene la rosa dei tre nomi non sia composta proprio da ‘signor nessuno’, pare che ai politici nostrani non vada proprio giù l’idea che sia un magistrato a “sovraintendere all’organizzazione dei servizi della giustizia”. Ma chi sono i tre uomini sottoposti al giudizio impietoso degli utenti web?

DI MATTEO

Antonio Di Matteo è un magistrato sotto scorta dal 1993, più volte nel corso della sua carriera, infatti, si è più volte occupato dei rapporti tra cosa nostra ed alti esponenti delle istituzioni .

Nasce a Palermo nel 1961 e nel 1991 entra in magistratura come sostituto procuratore presso la Distrettuale Anti mafia di Caltanissetta. Divenuto pubblico ministero a Palermo nel 1999, nel novembre del 1994 entrai a far parte" della distrettuale con "indagini avviate su dichiarazioni di pentiti e inizia ad indagare sulle stragi di mafia in cui sono stati uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Lavora sull’omicidio di Rocco Chinnici e rileva nuovi indizi sulla base dei quali chiede la riapertura delle indagini e ottiene la condanna dei mandanti Ignazio e Antonino Salvo.

Non ha mai nascosto la sua simpatia per i grillini, "i 5Stelle sono i maggiori azionisti dell'Anac perché sono coloro che presentano più esposti" ha affermato, e non ha mai chiuso la porta a un suo impegno in politica: l'esperienza di un magistrato può essere utile alla politica", aveva riposto in un’intervista a Marco Travaglio. “Se la politica deve riappropriarsi delle sue prerogative di primo baluardo contro la mafia, non possiamo pensare che in certi casi l'impegno politico non possa rappresentare per il magistrato la linea ideale della prosecuzione del suo impegno in toga. Non mi scandalizza, anzi, l'impegno politico di un magistrato, ma penso che una scelta di questo tipo debba essere fatta in maniera definitiva e irreversibile, vale a dire che è incompatibile con la pretesa di tornare poi a fare il giudice".

Dal 2012, Di Matteo è presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati di Palermo.

 

MIGLIUCCI

Il secondo protagonista del sondaggio è Beniamino Migliucci, avvocato di Bolzano e presidente dell’Unione delle Camere penali (Ucpi) dal 2014. Figlio d’arte, suo padre si trasferisce da Napoli a Bolzano per fare il penalista in Alto Adige. Migliucci si batte per l’affermazione dei principi del giusto processo e caldeggia una riforma equilibratrice della giustizia. Il giurista più volte ha espresso la necessità di riportare la linea dell’Unione al vero principio costituzionale della separazione dei poteri.

“Vogliamo contrastare ogni straripamento della magistratura indotto dalle troppe, continue deleghe improprie offerte da una politica in ritirata – ha osservato il giurista-. E siamo consapevoli che il primo ostacolo a una vera riforma della giustizia sta proprio in quella parte della magistratura che è troppo spesso riuscita a imporre la sua visione alla poltica”.

Sostenitore convinto della separazione delle carriere, in un’intervista ha dichiarato di volere due Csm: “uno per i magistrati inquirenti, l’altro per i giudicanti. E vorrei che cambiasse la loro composizione, più spazio all’accademia, all’avvocatura – ha aggiunto l’avvocato-. Vorrei anche un’Alta corte di disciplina, separata.

 

NORDIO

Il terzo nome è quello di Carlo Nordio, magistrato dal 1977, è stato Procuratore Aggiunto di Venezia e titolare dell'inchiesta sul Mose di Venezia e fu protagonista della famosa stagione di Mani pulite con la celebre inchiesta sulle cooperative rosse.

Negli anni Ottanta condusse le indagini sulle Brigate Rosse venete e sui sequestri di persona e negli anni Novanta indagò sui reati di Tangentopoli. È stato consulente della Commissione Parlamentare per il terrorismo e presidente della Commissione Ministeriale per la riforma del codice penale.

È stato fino al pensionamento avvenuto nel 2017 Procuratore Aggiunto della Repubblica di Venezia,

Si è occupato di reati economici, di corruzione e di responsabilità medica. Ha collaborato a numerose riviste giuridiche e quotidiani tra cui "Il Tempo", "Il Messaggero" e "Il Gazzettino". Ha scritto un libro con Giuliano Pisapia. Nel febbraio 2017 è andato in pensione per raggiunti limiti di età.

 

LE RISPOSTE

Il deputato pescarese di Art.1- Mdp Gianni Melilla, risponde alla domanda con estrema schiettezza: “Non vorrei nessuno dei tre, tra l’altro chi si occupa di magistratura non deve fare politica. Dello stesso parere sono i parlamentari del Pd, la vastese Maria Amato e Antonio Castricone, che tra l’altro mostrano la loro stima nei confronti dell’attuale ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Non vuole rispondere invece il consigliere pentastellato Domenico Pettinari: “ Siamo l’unica forza politica che ha avuto il coraggio di annunciare il nome del candidato premier e solo prima delle elezioni presenteremo la squadra del governo”. Più audace la risposta di Andrea Colletti, deputato del M5s e avvocato civilista di Pescara. “Non sono mai stato troppo favorevole al fatto che un giudice faccia politica, a meno che non decida di lasciare irrevocabilmente la carriera in magistratura, quindi sarei più propenso a scegliere un avvocato. In realtà il Movimento presenterà i nomi solo a cavallo delle elezioni e per ora non ci sono candidati papabili”.

Giandonato Morra, coordinatore regionale in Abruzzo di Fratelli d’Italia- An, ammette che il suo voto andrebbe al collega Migliucci: “Preferirei un avvocato che sia in grado di portare vantaggi all’intero settore della giustizia, un ambito nel quale le riforme fatte negli ultimi anni non hanno ottenuto il risultato voluto”.

Fabrizio Di Stefano parlamentare di Forza Italia è fermo nella sua convinzione: “La politica la devono fare i politici e la magistratura i magistrati che ha sfondato i canoni classici della separazione dei tre poteri.

Sono stati compromessi troppo spesso i capisaldi della democrazia, e la separazione dei tre poteri non è stata sempre rispettata, alcuni poteri della politica hanno preso il sopravvento sulla magistratura e viceversa”. Il forzista Di Stefano preferirebbe una persona con una esperienza nell’ambito politico, ma ammette di stimare molto il lavoro svolto contro la mafia e la corruzione da Di Matteo. Non si lascia comunque convincere dalla carriera d’ora del magistrato palermitano e spiega la motivazione: “Io non ho alcuna fiducia nei governi tecnici e l’esempio che calza di più è il governo Monti, tutti sappiamo quali conseguenze ci sono state”.

Mauro Febbo, consigliere regionale di Forza Italia e Presidente della Commissione di Vigilanza della Regione Abruzzo non ha dubbi e sceglie Migliucci. I magistrati, secondo il consigliere, “dovrebbero rimanere fuori dalla politica”.

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