Sempre la stessa foto - Easy writer, il racconto, Marco La Greca


Sono tornato sulla pagina del gruppo liceale ed ho scorso tute le foto pubblicate nel corso del tempo. Nessuna era del mio gruppo


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
11/11/2017 alle ore 13:00



E’ da qualche giorno che osservo la stessa foto. Non riesco a staccarmene, da quando l’ho vista, annunciata da una notifica di Facebook, sulla pagina del gruppo di ex studenti del liceo. L’autore della pubblicazione è un ragazzo, dovrei anzi dire “un signore”, ma siccome quando l’ho conosciuto era ragazzo, ed io pure lo ero, dirò ancora che è un ragazzo, così, un poco, mi ci sento anche io.

La foto è molto scura, tanto che risulta impossibile distinguere i volti delle persone fotografate. Eppure, appena l’ho vista, ho pensato: “ma questa è la mia classe!”. Mi sentivo sicuro: le sagome, le pose, gli abiti, la combinazione di questi elementi con ciò che si intravedeva dei volti e dei capelli, beh, mi facevano dire, con assoluta certezza, che la foto era precisamente quella che ricordavo.

Ecco, quello sono io, quello è il mio compagno di banco, quella per un po’ m’è piaciuta, quello sembra quasi che stia sulle spalle di qualcuno, e quell’altra com’è cambiata. Stavo per salutare con giubilo la pubblicazione, e, magari, chiedere pure al ragazzo come mai avesse scelto proprio quella foto, anziché una della sua classe, quando ho visto che erano già comparsi i primi commenti. Nomi sconosciuti si compiacevano, si celebravano e chiedevano: “Che bello!!”, “Dove eravamo?”. Dove erano loro, non noi. Già: quella foto catturava un momento di un’altra classe. A Napoli, per una manifestazione. Eppure, a me continuava a ricordare la foto di una nostra gita. Mi sono messo e cercare nei ricordi digitali, tra ciò che ho raccolto in questi anni, grazie ad internet, alle chat, a Facebook.

Eccomi di nuovo a Parigi, dunque, perché mi sembrava di ricordare una foto simile, in cui lei indossa il piumino di quel colore, lui aveva quella posa, io stavo proprio lì, e poi gli altri, sdraiati, seduti per terra, in ginocchio, abbracciati. No… forse non era Parigi, ma Vienna, oppure Montecatini. Sì, Montecatini: in secondo liceo, io ero lì e poi c’erano gli altri… però eravamo tutti maschi. Allora, forse, era la foto di classe, quella scattata nell’atrio della scuola, davanti all’aula magna, perché lui stava seduto per terra, come questo qui, io ero lì, proprio come questo e lei aveva il piumino… no, non poteva essere neanche questa, perché era a maggio ed il piumino non si indossava più.

In effetti nessuna foto era come quella, anche se in ognuna c’era qualcosa: in una il piumino, in un’altra la posa mia, in un’altra ancora i capelli di lei, poi lui seduto per terra, e quegli altri due, abbracciati.

Sono tornato sulla pagina del gruppo liceale ed ho scorso tute le foto pubblicate nel corso del tempo. Nessuna era del mio gruppo, eppure tutte lo sarebbero potute essere. Allo stesso modo. Le foto si assomigliano tutte. Anzi: è sempre la stessa foto. Chiunque vi sia rappresentato, di qualunque decennio si tratti.

A colori o in bianco e nero. A zampa d’elefante o a zompafosso. Fricchettone, paninaro o fascio. Eskimo, piumino o bomber. Sempre la stessa foto. Piena di vita. Di paure, di voglia. Di fame e sete. Desiderio, ignoranza e conoscenza. Lacrime e amore. Non mi ero sbagliato. Davvero ero io. Eravamo noi. Eravamo tutti. Perché è sempre la stessa foto.

 

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