Perché l'anatra zoppa di Avezzano non è stato (solo) un incidente di percorso


Fatti, ricostruzioni, cambi di cavalli e rancori personali: il centrosinistra non si è fatto mancare proprio nulla


di Stefano Buda
Categoria: ABRUZZO
24/10/2017 alle ore 16:16

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L'anatra zoppa di Avezzano non è frutto di un incidente di percorso. Fiumi di veleni, rancori personali e divisioni interne al centrosinistra hanno caratterizzato un duello senza esclusione di colpi, iniziato nel 2015 e destinato a concludersi soltanto con la sentenza definitiva del Consiglio di Stato. Da una parte l'attuale sindaco Gabriele De Angelis, in quota centrodestra, che in virtù del risultato elettorale ha incassato 15 seggi contro i 9 assegnati alle opposizioni.

Dall'altra il suo predecessore Giovanni Di Pangrazio, appoggiato dal centrosinistra, che si è visto accogliere il ricorso presentato al Tar, sulla base del quale è stato rovesciato il risultato delle urne. Il Consiglio di Stato ha sospeso l'esecutività del provvedimento, ma il 9 novembre ci sarà un nuovo passaggio che, per molti aspetti, si annuncia decisivo.

 

DA ALLEATI A NEMICI

Non è un mistero - e l'ultima campagna elettorale ne ha fornito ampia dimostrazione - che la sfida infinita tra De Angelis e Di Pangrazio sia caratterizzata da rapporti decisamente burrascosi. Eppure tra i due è stata anche luna di miele. Nel 2012 il democrat Giovanni Di Pangrazio viene eletto sindaco di Avezzano alla guida di una coalizione formata da Pd, Idv, Udc, Fli, Api e liste civiche. Gabriele De Angelis, che gestisce a livello regionale una delle più importanti compagnie assicurative italiane, entra in giunta con deleghe pesanti, tra le quali il Bilancio e le Attività produttive.

L'idillio si interrompe il 9 giugno del 2015, quando De Angelis sbatte la porta e se ne va. Secondo alcuni, alla base della rottura, ci sarebbero divergenze sulla gestione di alcuni appalti da parte di Di Pangrazio, secondo altri sarebbero solo attriti personali. Quel che è certo è che De Angelis non se ne sta con le mani in mano ed inizia ad organizzare una micro-opposizione al sindaco in carica, avviando il dialogo con diversi ambienti del centrodestra locale. I dissapori tra i due, nel frattempo, evolvono in odio reciproco.

 

DE ANGELIS PREPARA LA RIVINCITA

Nell'agosto del 2016 iniziano a girare voci sulla candidatura di De Angelis, alle imminenti elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale, alla guida di alcune liste civiche. Si intensificano, intanto, i rapporti con il centrodestra locale, che però è alle prese con una pesante frammentazione: gli alfaniani, che fanno riferimento al deputato Filippo Piccone, spingono per la candidatura di De Angelis; Noi con Salvini e Fratelli d'Italia chiedono le primarie; Forza Italia è spaccata, con metà partito che vuole un candidato di centrodestra maggiormente riconoscibile e l'altra metà che apre a De Angelis.

A gennaio del nuovo anno prova ad inserirsi Leonardo Casciere, che tuttavia non riesce nel tentativo di aggregare il centrodestra e correrà in solitaria alla guida di alcune liste civiche. Tra litigi e veleni, si arriva ad un mese dalla scadenza per la presentazione delle liste senza un candidato.

La coppia Pelino-Berlusconi forza la mano e benedice la lista Forza Avezzano a sostegno di De Angelis. Nel centrosinistra, invece, nonostante i tanti malumori della società civile, non ci sono dubbi sulla ricandidatura di Di Pangrazio, che può contare sulla sponda del fratello Giuseppe, presidente del Consiglio regionale e sul placet di Luciano D'Alfonso, padre padrone del centrosinistra abruzzese.

 

GLI SCHIERAMENTI IN CAMPO

Parte una campagna elettorale infuocata, caratterizzata da colpi bassi e scambi di accuse. Ai nastri di partenza si presentano sei candidati, ma è subito chiaro che a giocarsi la partita sono Di Pangrazio e De Angelis. De Angelis riesce a coagulare un ampio fronte di dissenso della società civile. Raccoglie il sostegno di una parte importante del mondo imprenditoriale, a partire dallo stimatissimo Sergio Galbiati, l'ex manager della Micron che ha lasciato un posto al sole per andare a salvare il sito di Avezzano in dismissione.

Dalla parte di De Angelis anche una buona fetta dell'imprenditoria agricola locale, particolarmente influente nell'area marsicana. A livello politico, Piccone si impegna in prima persona e anche Forza Italia si ricompatta sulla scelta di De Angelis, con Mara Carfagna che chiude la campagna elettorale del candidato del centrodestra e con Berlusconi che si lancia in un endorsement entusiasta. Sul fronte opposto, il radicamento dei Di Pangrazio è comunque profondo. Talmente profondo da convincerli della propria autosufficienza: il sindaco uscente non si accorda con gli altri partiti ed imbarca soltanto Pd e Udc.

Poi 8 liste civiche. I big democratici, a partire da D'Alfonso, fanno la loro parte. Con l'eccezione del sulmonese Andrea Gerosolimo, assessore regionale perennemente impegnato a negoziare con il governatore: alla Regione è in maggioranza con Giuseppe Di Pangrazio, ma ad Avezzano si schiera sul fronte opposto. E' una questione di egemonia sulla provincia dell'Aquila, perchè indebolire i fratelli Di Pangrazio significa rafforzare la propria posizione. La conferma di Giovanni Di Pangrazio, ad ogni modo, alla vigilia del voto appare scontata.

 

IL RIBALTONE

Al primo turno, in effetti, Di Pangrazio è primo con il 44,3% delle preferenze, mentre De Angelis è staccato di quasi dieci punti al 34,7%. Il ballottaggio appare poco più che una formalità. Ci sono però alcuni segnali che forse vengono sottovalutati: al primo turno l'ex sindaco ottiene 1.700 voti in meno delle proprie liste, mentre De Angelis conquista 1.500 preferenze in più delle forze che lo sostengono.

E' il segno che nel centrosinistra c'è chi rema contro la conferma di Di Pangrazio e che anche il voto di opinione tende a premiare lo sfidante, al di là delle reti di conoscenza e appartenenza politica che possono formarsi in una cittadina di dimensioni contenute. Ribaltare il risultato, in ogni caso, appare una chimera. E invece succede ciò che nessuno si sarebbe immaginato: al ballottaggio vince De Angelis con il 53,8%, mentre Di Pangrazio si ferma al 46,1%. Per quattro giorni ci si interroga sul rischio anatra zoppa, in quanto al primo turno la coalizione a sostegno del sindaco uscente aveva superato il 50% delle preferenze e adesso si ritroverebbe in minoranza.

Poi, finalmente, arriva la decisione della Commissione elettorale, guidata dal presidente del tribunale Eugenio Forgillo: 15 seggi alla maggioranza, 7 seggi allo schieramento a sostegno di Di Pangrazio, uno al M5s e uno al candidato Casciere. Passano 15 giorni e Di Pangrazio deposita il ricorso al Tar, sostenendo che il voto è stato falsato in quanto non è stato rispettato il risultato delle urne. Il resto è storia recente.

 

ADESSO TOCCA AI GIUDICI

Il 12 ottobre il Tar dell'Aquila dà ragione ai legali Di Pangrazio, ricalcolando la distribuzione dei seggi e assegnando 13 consiglieri al centrosinistra e 9 al centrodestra. Passa meno di una settimana e il Consiglio di Stato dispone la sospensione dell'esecutività del provvedimento: De Angelis, quindi, resta sindaco. Almeno fino al 9 novembre prossimo, quando il Consiglio di Stato deciderà sulla sospensione in via definitiva.

Sarà un passaggio fondamentale, perchè in giudici entreranno almeno in parte nel merito, in attesa di arrivare alla sentenza vera e propria: se la sospensione sarà confermata, De Angelis potrà guardare con fiducia al futuro. In caso contrario, dovrà preparare le valige e mettersi in moto per nuove elezioni.

 

LA GIURISPRUDENZA

Tra i precedenti, uno dei casi più recenti risale al maggio scorso e riguarda l'amministrazione di San Benedetto del Tronto. Anche nella cittadina marchigiana era stato il centrosinistra, che al primo turno aveva ottenuto il 50,8% e dopo il ballottaggio era finito in minoranza, a presentare ricorso. La sentenza del Consiglio di Stato può indurre al sorriso De Angelis. Il Consiglio di Stato, infatti, evidenzia nel dispositivo che "per le elezioni amministrative, diversamente che per quelle politiche, può ritenersi del tutto compatibile con il quadro costituzionale, in considerazione della possibilità del voto disgiunto al primo turno fra il candidato sindaco e le liste collegate e della necessità di assicurare la governabilità dell’ente al sindaco democraticamente eletto, la previsione dei voti validi conseguiti da quest’ultimo e non solo dei voti riportati al primo turno dalle liste a questo collegate.

Pertanto - prosegue la Corte - appaiono del tutto condivisibili i rilievi dell’amministrazione appellata incentrati sulla legittimazione democratica che riviene al sindaco dalla sua investitura diretta”. Un altro caso analogo, di segno politico opposto, è quello che riguarda l'amministrazione di Cagliari, dove Massimo Zedda, nel maggio 2011, vinse il ballottaggio alla guida di una coalizione di centrosinistra, nonostante le liste collegate al centrodestra, al primo turno, avessero incassato più del 50% delle preferenze: anche in questo caso il Consiglio di Stato, nel 2012, ha fatto prevalere le ragioni della governabilità, salvando la giunta Zedda.

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