Il "Macro" errore dell'Eliseo: nuove tasse e niente idee sul lavoro in Ue


Politica alta è quella che produce una svolta per fare pil, non altra austerità in stile troika: su Africa e Mediterraneo che si fa?



Nel cinema le attrici “scoprono” come andavano e come vanno le cose per fare un provino. In politica estera circa il medesimo cliché. Un'iperbole? Il caso catalano, nella sua interezza, ha distratto il vecchio continente dai due macro temi su cui si gioca il futuro stesso dell'Ue e su cui si fa molta attenzione a non prendere decisioni: il lavoro e i migranti.

Le elezioni nel versante Visegrad hanno certamente dato un segnale: si potranno chiamare populisti o nazionalisti, poco cambia nella sostanza. Un pezzo d'Europa sceglie un'altra strada, giusta o sbagliata che sia lo diranno i fatti del futuro. Ciò che resta sono i programmi. Molti analisti all'indomani della crisi dell'euro (che non si è ancora completamete esaurita, checché ne dica Tsipras da Atene già in campagna elettorale) concordavano sul fatto che l'austerità senza la ripresa fosse una mossa controproducente: come un voler correre la maratona con una zavorra da cento chili sulle spalle e senza una borraccia d'acqua.

Tutti d'accordo, Berlino inclusa, a maggior ragione a urne fumanti. Oggi si apprende però che il Presidente francese è intenzionato a tassare le transazioni finanziarie, proseguendo nel solco già tracciato dalla troika, che ha portato ad esempio in Italia a bloccare una serie di movimenti degli enti locali (non delle Regioni che continuano a ingrassare il debito pubblico, vero Abruzzo e Sicilia?).

Al netto di slogan, trend legati ai sommovimenti che nascono a destra, sorpassi verso i suoi avversari (come Le Pen o il moribondo partito socialista sfiancato dalla Presidenza Hollande e comunque in crisi anche nel resto d'Europa) immaginare di aprire una fase nuova puntando da subito su nuove tasse e non su nuove idee occupazionali sembra un controsenso. E Macon lo sta facendo.

Non solo perché si è puntato in campagna elettorale ad un moto di eurorinascita fondato praticamente su altro, ma perché in questo modo si offre il fianco ancora una volta alla critica di sempre: buona politica è quella che produce idee per avere pil, non quella che aumenta le tasse, cosa di cui sarebbe capace anche un bambino.

Davvero c'è bisogno della scienza di x o di y per immaginare un nuovo gettito per l'erario? Davvero la strada è aumentare i balzelli per, nell'ordine, controbilanciare la concorrenza cinese, aumentare gli investimenti in infrastrutture e ICT, potenziare la presenza nel Mediterraneo e nel nord Africa per non arrivare sempre secondi? C'è già l'imu a uccidere la borghesia, mentre (anche da Roma) non una parola si spende per aumentare l'influenza commerciale nei Balcani: ora qualcuno vorrebbe colpire nuovamente le imprese, gli unici soggetti in grado di creare occupazione. Un errore. Anzi, un “Macro” errore.

Come sui migranti. Ora silenzio di media e cancellerie, c'è da far assestare il cambio di location dei gommoni in partenza verso l'Italia: dalla Libia alla Tunisia, con Malta a recitare il ruolo di cenerentola impresentabile del mondo, come dimostra la giornalista ammazzata pochi giorni fa. Nomi, voci e insabbiamenti: non muta nulla, come insegna Hollywood nonostante il falso perbenismo di chi non muove un capello per cambiare passo.

La visione di Adenauer, Spinelli e De Gasperi, con tutti i limiti manifestatisi nel 2010 all'indomani del crak di Goldman e prima di quello greco, era un'altra: progresso, industria, sviluppo. E'chiaro come il sole che non è quella visione ad essere fallita, ma le successive politiche incluse quelle che hanno accettato supinamete il fiscal compact ad aver prodotto un meccanismo che non funziona a dovere e che meriterebbe di essere registrato, non zavorrato di altre tasse.

Perché Parigi insiste con il piglio della troika? Vuol forse sostituirsi a Berlino nella leadership austera e glaciale che è stata di Schaeuble?

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