Cosa riserva a Renzi la visita in Abruzzo: congressi, trappole e cambi di posizionamenti


Un maledetto puzzle, con sul piatto le politiche come anticamera delle regionali: si apre la stagione dei "fratelli coltelli"?


di Paolo Falliro
Categoria: ABRUZZO
18/10/2017 alle ore 13:36

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Lavoro? Vertenze? Ambiente? Infrastrutture? Sì, anche. Ma il piatto forte della visita di Matteo Renzi a Vasto sarà la politica, quella che un tempo si faceva nelle sezioni di partito e nelle piazze, mentre oggi si conduce troppo spesso a colpi di i like accanto a melliflui tagli di nastro e promesse da buontemponi. Vasto, in verità, ne sa qualcosa, come scritto ieri sul versante sanitario.

 

CHECH UP AL PD

Ma al di là delle singole realtà territoriali, il Segretario del Pd verrà in Abruzzo per tastare il polso al suo partito e non è detto che la pressione arteriosa che registrerà sarà al 100% di suo gradimento.

In primis la Segreteria regionale, secondo molti cittadini distante e distinta dai bisogni della gente, dai temi cari alla sinistra, dal lavoro e dai giovani. Un trend che è dimostrato dai casi di Teramo, dove non solo la componente Red ha lanciato più di un sasso nello stagno, ma ha prodotto “il secondo tempo” di quell'azione con la nascita di Globuli rossi, con le rivendicazioni di chi al piglio ultra accentratore del Governatore preferirebbe qualche idea per il futuro, come l'alta velocità, lo sviluppo infrastrutturale in chiave mediterranea e balcanica (come raccontato ieri a proposito della via della Seta). Proprio una buona parte dei dirigenti teramani ha deciso di non essere presente sotto le scale del treno renziano.

Insomma, se il momento di flessione contenutistica di una parte del Pd a Roma è palese, nei territori rischia di diventare elevata al cubo proprio a causa di taluni amministratori. Non è sfuggito al Nazareno, secondo alcuni rumors, che tra Sanitopoli, Bussi, Rigopiano e lacune infrastrutrturali, la governance abruzzese rischi davvero di abbracciare una sconfitta alle prossime urne (politiche e regionali). Troppo forte la rabbia dei cittadini, mescolata a contingenze come terremoti e mancanza di investimenti che non sono stati ammortizzati da una politica dotata di visione e strategia.

 

OCCASIONI PERSE

Il paradigma del buen retiro è lì, come una spada di Damocle che pende ad un centimetro dalla testa della Giunta: un territorio sognato dai pensionati ricchi dei cinque continenti, ma dove mancano collegamenti ferroviari degni di un paese occidentale, dove il provincialismo è prima un fenomeno politico che sociale, dove per parlare con un assessore servono due giorni di anticamera, dove il wifi è troppo spesso una chimera, dove manca un reale sistema camerale/imprenditoriale che dialoghi spalla a spalla per affrontare sfide comuni, dove ragionare di portualità e modernità sembra una bestemmia.

In questo solco la battaglia per i congressi provinciali si sta (già) combattendo a colpi di trappole, cambi di casacca, riposizionamenti: non una parola sui temi, sullo stupro di Bussi, su piste ciclabili non perfettamente abbracciate ai tessuti cittadini, sulle filiere da sostenere e non zavorrare, sul rischio xylella che di qui a due lustri si affaccerà anche in Abruzzo, su un prodotto turistico che necessita di ammodernamenti per attrarre 12 mesi su 12.

 

I MAL DI PANCIA IN REGIONE

E poi il Consiglio Regionale. Inutile girarci attorno: sedute deserte, come quella del 17 ottobre, canguri parlamentari magicamente trapiantati all'Aquila, maggioranze numeriche ma non di sostanza, veti incrociati e timori per il futuro. Sì, timori. Forse di non farcela, di non avere più gli amici di ieri nella corsa di domani, di aver staccato troppe teste per poi illudersi di ricomporle con un Vinavil e un apertivo, di aver fagocitato idee ed energie per poi ritrovarsi soli con il proprio ego (e senza un programma frizzante).

Di aver, insomma, sempre avuto la certezza di poter contare su un paracadute di sistema, che adesso nell'armadio non si sa più se ci sarà, se ne ve saranno due. O se, sinistrato, non si aprirà alla bisogna.

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