L'acqua che beviamo e l'allarme ignorato


"Si rileva una generale non conformità della localizzazione dei locali e installazioni dei Laboratori del Gran Sasso e delle attività ivi condotte"


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
13/09/2017 alle ore 09:23

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Dopo. Dopo i terremoti, dopo le valanghe, dopo gli incendi, dopo le frane. La Regione corre ai ripari, insegue, mette le pezze, tira fuori dal cilindro le carte delle valanghe che avrebbe dovuto approvare anni e anni prima. Ma a prevenire, mettere in sicurezza, non ci pensa neppure. Succede anche adesso, con la firma del protocollo per la messa in sicurezza dell’acqua del Gran Sasso, sottoscritta con grande enfasi dal vice presidente Giovanni Lolli.

Un allarme ignorato per quattro anni. Parole pesanti, inequivocabili, quelle usate dall’Istituto superiore di Sanità e consegnato a tutti, Regione, ministro, Ruzzo, Asl, e agli stessi Laboratori, il 19 luglio del 2013. E’ la risposta alla richiesta di valutare l’impatto sulla falda acquifera e sulla qualità delle acque rispetto al nuovo esperimento chiamato “Luna-Mv” i cui lavori sono già iniziati all’interno dei Laboratori nazionali del Gran Sasso. La relazione è affidata al direttore del Dipartimento Loredana Musmeci, cinque pagine fitte in cui spiccano tre righe:

“Si rileva una generale non conformità della localizzazione dei locali e installazioni dei Laboratori del Gran Sasso e delle attività ivi condotte”.

Non conformità. E in merito ai dettami di legge sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, l’allerta è ancora più netta:

“La legge stabilisce una zona di tutela assoluta, costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni che in caso di acquisizione sotterranee deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e deve essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio”.

Non conforme, zona di tutela assoluta: due aspetti che nessuno prende più in considerazione, e lo attestano i verbali redatti dal Genio civile negli anni successivi, 2014, 2015, 2016, fino al 10 aprile 2017. Nessuna messa in sicurezza, nessuno stop agli esperimenti, nessuna cautela. Le valutazioni dell’Istituto superiore di sanità vengono bellamente ignorate, e vengono ignorate anche le “raccomandazioni” che la Musmeci inserisce nella sua relazione.

E’ da brivido, quello che si legge alla pagina 3: i lavori relativi all’esperimento Luna-Mv che “come molti altri ambienti del Laboratorio nazionale del Gran Sasso, locali, installazioni e attività, non sono conformi ai dettami di cui all’articolo 94 del dlgs 152/2006 in merito al rispetto della zona di tutela assoluta prevista in caso di acque sotterranee destinate a consumo umano”.

Quindi, già nel 2013 era noto che l’acqua potabile non era sicura. La relazione continua sostenendo che i Laboratori avrebbero dovuto ridurre le attività e le strutture oppure le captazioni. Riduzione o abbandono di attività che non ci sono state, come non è stato dato seguito alla realizzazione delle opere di messa in sicurezza e che comprendevano procedure di controllo in tempo reale sui rischi di contaminazione di acque destinate al consumo umano.

Tutto quello che era necessario fare per mettere in sicurezza l’acqua potabile è rimasto, anche in questo caso, lettera morta. La parola “prevenzione”, ignorata anche in questo caso. Tanto che il 10 aprile scorso, e dopo la bellezza di quattro anni, la Asl continuava a raccomandare l’adozione “delle misure raccomandate dall’Istituto di Sanità”.

Adesso, e solo adesso, la Regione si è ricordata di firmare un protocollo, siamo ancora ai protocolli, per la messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso e prevenire altri casi come quelli del 9 maggio scorso quando il Sian (Servizio di igiene degli alimenti) decretò la non potabilità dell’acqua nel Teramano, salvo, dopo 12 ore, dare il contrordine e annunciare che l’acqua era tornata potabile. Il documento firmato quattro giorni fa dall’Infn, Ruzzo, Gran Sasso Acqua, Ersi, Asl, Strada dei parchi, Arta, ente parco e Regione, regola le attività potenzialmente pericolose per la qualità dell’acqua all’interno dei Laboratori di fisica nucleare e nel Traforo.

ps: e anche in questo caso, si corre ai ripari. Sempre dopo i disastri, le emergenze. Sempre dopo.