La Cina e i supertreni imitati in tutto il mondo: chi di copia ferisce...


Un evidente déjà-vu: tra mille esempi chi non ricorda la cinese Montresor, accusata di concorrenza per aver imitato i cioccolatini italiani Ferrero Rocher?


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
28/08/2017 alle ore 08:13

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“Attenzione, il resto del mondo ci copia”. L’allarme, udite udite, arriva dalla procura di Shangai che in un lungo report analizza quanti danni all’economia cinese sta arrecando la mancata protezione del bagaglio di conoscenze circa i treni ad alta velocità made in China.

Dopo che i super treni orientali sono diventati, di fatto, una forza trainante per l’intera economia cinese, ecco che alcuni Paesi avrebbero replicato l’idea, con gravi perdite alle finanze, presenti e future, di Pechino. Dalle colonne del Procuratorial Daily i cinesi lanciano un’allerta sulle protezioni inefficaci delle tecnologie di base legate all’eccellenza dell’alta velocità, un passaggio a cui gli ingegneri orientali sono giunti dopo anni di lavoro, studio e sacrifici e che ora potrebbero essere vanificati dalla furbizia di concorrenti smaliziati e “amanuensi”, rapidi nel riportare nelle rispettive industrie know how e intuizioni.

E individuano tre cause scatenanti per lo spiacevole incidente: una scarsa performance nella registrazione e protezione del brevetto; l’assenza di protezione dei segreti commerciali e l’inefficacia della difesa della proprietà intellettuale.

L’hanno definita una trappola brevettata, quelli della procura di Shangai, perché grazie alla permeabilità di alcuni documenti pubblici, ecco che segreti industriali e idee originali sono in pratica alla mercè del mercato. Da un certo punto di vista hanno ragione a lamentarsi: un vero peccato che fior di treni che possono raggiungere i 400 chilometri orari con una rete di superbinari da 20mila chilometri siano replicati altrove.

Tra l’altro alcuni paesi hanno fatto domanda per i brevetti prima della Cina, sia in patria che all’estero, per cui adesso gli esperti di Pechino suggeriscono doppie misure globali, da un lato per far fronte alle barriere tecniche dei paesi sviluppati e dall’altro per impedire la copia da parte dei paesi in via di sviluppo.

Doglianze, certo, ma anche un evidente déjà-vu che adesso la seconda economia del mondo ha bene impresso negli occhi. Qualcuno, però, dovrebbe ricordare loro cosa è accaduto negli ultimi sei lustri, quando dalla contraffazione cinese si è passati alla falsificazione. A Kunming nel 2012 è stato aperto un mall che vendeva prodotti Apple, ma scimmiottando il logo Apple Store senza averne l’autorizzazione dagli Usa. Stessa tattica per un punto vendita di Ikea. Ma l’esempio-madre viene da casa nostra, da Alba.

Nel 2008 la Ferrero aveva avuto ragione in Tribunale contro la cinese Montresor, accusata di concorrenza sleale per via de cioccolatini "Tresor Dor", in tutto e per tutto identici ai Ferrero Rocher italiani. Ma prima della pronuncia di secondo grado della Corte Suprema di Pechino, nella quale i cinesi venivano condannati ad un risarcimento simbolico di 50mila euro ed alla sospensione delle vendite del cioccolatino incriminato, nella sentenza di primo grado di tre anni prima i giudici avevano però dato torto alla Ferrero.

Il motivo? Le copie cinesi erano praticamente perfette: un vanto per quella cultura. Che oggi si scopre fragile e imitabile.

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