E'la Santa Sede la chiave per (riaprire) il dialogo fra Roma e Mosca?


Il versante umanitario di cooperazione in MO si somma al culto comune di San Nicola: una doppia base su cui tessere più tele


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
23/08/2017 alle ore 10:14

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Il culto religioso come un socio-passepartout, che bypassi le inadempienze della politica e (in caso di emergenza) getti le basi per riaprire dialoghi e intrecciare interlocuzioni. Italia e Russia viaggiano su un tratturo comune, che è ben al di là delle schermaglie atlantiche che si ritrovano alla voce sanzioni. Porta dritto alla Santa Sede e si poggia essenzialmente su due gambe.

Il versante umanitario può essere un primo interessante banco di prova. La Chiesa ortodossa russa infatti ha raggiunto  un accordo con quella cattolica romana per la cooperazione a sostegno dei civili colpiti dalle guerre nel Medio Oriente. L’annuncio ufficiale porta la firma del patriarca Kiril che ha incontrato vis a vis il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Il comun denominatore della rinnovata partnership si ritrova nella volontà della comunità cristiana di farsi carico di queste specifiche azioni. Un ponte religioso, insomma, lanciato come anticamera per futuri progetti bilaterali dalle significative ricadute.

Si aggiunga che Italia e Russia sono intersecate anche da un culto diciamo molto in comune, come quello rappresentato da San Nicola, il Santo di Myra le cui reliquie dalla cripta di Bari sono andate in visita a Mosca due settimane fa e omaggiate da due milioni e mezzo di pellegrini durante l’esposizione in Russia nella capitale e a San Pietroburgo. Un evento eccezionale, lo ha definito il primate, anche perché la Basilica di San Nicola del capoluogo pugliese è l’unica in Italia nella quale si celebra il doppio culto: cattolico in superficie e ortodosso nella cripta triabsidata, per una costruzione che risale al 1100.

Il dialogo tra Kiril e Parolin, inoltre, presta il fianco ad una serie di altre valutazioni su altrettanti dossier aperti e sensibili. Come la presenza in Libia e in Siria, frutto del vertice dell’Avana con Papa Francesco dello scorso anno, ma anche il costante impegno a incontrarsi e a parlarsi con i massimi vertici della Federazione Russa a proposito delle altre emergenze mediterranee, come la Libia, l’Iraq e l’evoluzione dei Balcani.

Ecco che l’azione bilaterale della Santa Sede potrebbe paradossalmente riuscire dove la geopolitica sta fallendo. La clava delle sanzioni, ad esempio, porta i suoi cattivi frutti nei bilanci delle aziende italiane, molto colpite dai mancati rapporti commerciali con la Russia. Altro versante delicato è lo scacchiere del risiko mediterraneo, dove la partita del gas (e dei gasdotti che toccano con vari ruoli Turchia, Germania, Ucraina, Egitto) e quella degli equilibri a Tripoli e Tobruk passano gioco-forza dagli umori di Mosca.

 Si aggiunga il rapporto con Cina e Giappone, e le delicatissime dinamiche già citate nella macroregione balcanica: troppa densità di eventi e scenari, per non affrontarli con la corretta rotta e supportata da navigatori esperti e lungimiranti.

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