Regione, perché la Cgil si scaglia contro Marsilio e Bernardini


"Grave comportamento antisindacale"


di Redazione
Categoria: ABRUZZO
25/06/2019 alle ore 09:46



Grave "comportamento antisindacale" per aver "modificato a posteriori" un accordo già sottoscritto, aumentando la retribuzione di risultato dei dipendenti regionali, calpestando le norme del contratto collettivo nazionale di lavoro e le più elementari regole della contrattazione tra ente e rappresentanti dei lavoratori”. 
Queste le accuse mosse dalla Cgil Funzione Pubblica in un ricorso al Tribunale del lavoro de L’Aquila, accuse rivolte al presidente della Regione Marco Marsilio e a Fabrizio Bernardini, ex capo di gabinetto della presidenza del governatore Luciano D'Alfonso del Partito democratico. 

Nel testo del ricorso, siglato dal segretario regionale Cgil Fp Paola Puglielli, si chiede al Tribunale del Lavoro di annullare la delibera 210 del 23 aprile, "Criteri per il conferimento, la revoca e la gradazione delle posizioni organizzative" approvata dalla giunta di Marsilio, che ha recepito un accordo che, però, seppure firmato dalle altre organizzazioni sindacali, sarebbe stato stravolto a posteriori da Bernardini.

Sempre nel testo si legge che nel corso della convocazione dei sindacati del 14 marzo, per confrontarsi sui "criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione, "si è svolta un'articolata discussione e sono state concordate le modifiche”, dopodiché, nell’incontro del 21 marzo l'accordo è stato concluso. 

La Cgil denuncia che tuttavia Bernardini avrebbe cambiato le carte in tavola, dato che è stato recapitato a inizio aprile un documento "con alcune modifiche apportate", su cui "chiudere definitivamente il confronto".
E proprio quest'ultimo documento è stato sottoscritto dalla Regione e dalle altre sigle sindacali il 10 aprile e  poi recepito dalla delibera del 23 aprile.

“Una "condotta gravissima", protesta la Cgil, dato che nel contratto collettivo nazionale è chiaro che “il confronto è la modalità attraverso la quale si instaura un dialogo approfondito sulle materie rimesse a livello di relazione, al fine di consentire soggetti sindacali di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l'ente intende adottare". 
Per la Cgil sono ergo illegittime le  "modifiche apportate unilateralmente dal dottor Bernardini, azzerando di fatto le risultanze di un precedente iter procedurale condiviso da più parti". Inoltre,  la modifica è stata "irritualmente comunicata alle sigle sindacali fuori tempo massimo e 'fra le righe', insieme ad un altro argomento".

“Tra i due documenti ci sono infatti sostanziali differenze: uno spostamento temporale dal 2017 al 2018 del numero delle posizioni organizzative da assegnare, l'inserimento di ulteriori commi e "differenti previsioni circa le modalità e il numero delle candidature. È stato poi eliminato il riferimento alle norme anticorruzione. E soprattutto, protesta il sindacato, è stato elevato dal 15% al 20% delle retribuzioni di posizione, l'ammontare della retribuzione di risultato annua.  Più altre modifiche, che non erano state concordate nell'accordo del 21 marzo”. 

Sempre nel ricorso si legge che “l’unilaterale definizione della percentuale della retribuzione di risultato annua è materia di contrattazione e per essa non è stata consegnata alcuna preventiva relazione illustrativa circa i suoi effetti economici". Ciò considerando che non risulta ancora approvato il nuovo sistema di valutazione, che introduce maggiore meritocrazia e differenziazione del premio individuale.

La Cgil sostiene che così si vìola l'articolo 14 del contratto nazionale decentrato in cui si prevede espressamente che "la quota complessiva annualmente destinata al risultato è pari al 15% delle risorse complessivamente finalizzate alla erogazione della retribuzione di posizione e di risultato”.
Si tratterebbe quindi un caso di comportamento antisindacale secondo la Cgil, che ha "una portata intimidatoria sul libero esercizio delle scelte delle azioni sindacali".

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